giovedì, agosto 24, 2006

XVII LE STELLE






LE STELLE

Conoscevo di Stella ogni anfratto del corpo. E forse anche dell’anima: dubito che si potesse nascondere più giù ( o più dentro) di dove ero arrivato io con le dita, la lingua e il cazzo. E Stella aderiva alle mie esplorazioni, languida ed estenuante. Era rimasta bambina, per certi versi; non le bastava capire la forma delle cose con gli occhi e le mani, né saperne il nome e la composizione chimica: doveva mettersele in bocca e nella fica e nel culo. Solo allora la sua relazione col mondo le sembrava consapevole e soddisfacente, scientifica e amorevole. Non sempre il mio cazzo si tuffava negli abissi di Stella in solitudine, insomma. Certe volte c’era di che preoccuparsi, vi giuro. Stella sembrava intenzionata a cacciarsi dentro l’universo, buchi neri e pulsar compresi.
Era veramente una troia, diciamolo. E non le dispiaceva sentirselo urlare mentre le venivo nell’ombelico.
Conoscevo di Stella ogni anfratto del corpo. Ed è una palese falsità. Perché mentre si concedeva a qualsiasi perversione riuscissi a immaginare e anche a tutte quelle che immaginava solo lei, che erano molte di più, Stella rispettava e mi imponeva di rispettare un unico ma seccante tabù: non si toglieva mai il reggiseno. Mai.
All’inizio glielo chiedevo di continuo. Era diventata una litania, una specie di pornorosario ipnotico che accompagnava le nostre acrobazie erotiche: “Stella, ti togli il reggiseno?” “No, lo sai che non si può”, “Stella, ti togli il reggiseno?” “No, lo sai che non si può”, “Stella, ti togli il reggiseno?” “ No, lo sai che non si può” “Stella, ti togli il reggiseno?” “No, lo sai che non si può”…
Le portavo regali costosissimi, oppure semplici e romantici fatti con le mie mani, le chiedevo di sposarmi e la scopavo sedici ore di fila dopo essermi mangiato carriole di spaghetti al peperoncino, tartufo e Viagra, le giuravo che se si fosse levata il reggiseno per tre secondi sarei diventato il suo schiavo per sempre, ma niente. Stella restava irremovibile.
Poi un giorno, senza un motivo, senza che glielo domandassi, senza che qualcosa annunciasse minimamente l’evento che desideravo da mesi e mesi e mesi, Stella si tolse il reggiseno. Fu un gesto semplice, naturalissimo, un istante breve e indistinguibile dalla poltiglia di attimi che mi era sembrato di vivere fino ad allora in attesa di quell’unico barlume di significato.
Così vidi i suoi capezzoli.
Erano due stelline, due stelline di carne rosa e tenera come le disegnano i bambini, ricoperte di pelle leggermente più scura del resto del seno. Stella si sforzò di lanciarmi uno sguardo altero, carico di sfida, ma si capiva che si vergognava, che quello era il vero motivo per cui non si era mai lasciata vedere completamente nuda. Era arrossita. Anche questo non era mai accaduto.
Mi avvicinai, le accarezzai i capelli, le guance infuocate, le labbra soffici, poi mi chinai e le baciai le stelline.

Racconto di Marco Bosonetto.

4 commenti:

Unknown ha detto...

In origine questo racconto scritto da Bosonetto e fumettato da Todisco doveva uscire in un'antologia a fumetti dedicata ai 22 arcani maggiori dei tarocchi. Come succede spesso il progetto è andato a puttane e il fumetto di Squaz è stato pubblicato su NONZI numero 2 -entertainment!-, Edizioni Interculturali, Roma.
Gracias a los dos.

Anonimo ha detto...

ma è proprio bellissimo.

.a.

Anonimo ha detto...

Ti ho segnalato per contenuto grafico rasente la pornografia. Vergognati!!!

Unknown ha detto...

e de che?